deane-keller-david

ITALIA ARCHEOLOGICA & RESTAURO ARCHITETTURA: ITALY 1946-2016, “I seriously doubt the Italian MIBAC will ever get their shit together” – La fine dell’archeologia in Italia – Qualche giorno fa è stata diffusa la notizia del taglio dei fondi del MiBACT a FastiOnline (02|2016). LA REPUBBLICA (05|02|2016), BLOG di Stefano Costa(01|2016) & PATRIMONIOSOS.IT (2016-01-05).

I. Dario Franceschini: “Un istituto per salvare la nostra archeologia” Il progetto del ministro dei Beni culturali per rispondere alle critiche alla sua riforma: “Sarà sul modello di quello per il restauro”, LA REPUBBLICA (05|02|2016).

“A Roma nascerà un Istituto Centrale dell’Archeologia: l’Ica sarà un luogo di raccordo delle missioni di scavo italiane e di valorizzazione della disciplina che ancora mancava nel nostro Paese”. Il ministro dei Beni culturali Dario Franceschini lo annuncia in risposta alle critiche contro la sua riforma che accorpa le 17 soprintendenze archeologiche con quelle che tutelano il paesaggio e le belle arti. Negli stessi giorni in cui gli archeologi protestano e lamentano l’attacco a una professione già fragile.

Ministro, perché ha cancellato le 17 soprintendenze archeologiche?
“Ne ho create 41 nuove: 39 uniche più due speciali (Roma e Pompei). Molti soprintendenti unici saranno archeologi. Ho fatto un’operazione che punta a rafforzare la tutela. E mi offendo quando sento dire che, al contrario, l’ho indebolita. Prima un soprintendente doveva occuparsi di una regione intera. Con la riforma, la Lombardia, per esempio, ha quattro soprintendenze che controllano un territorio più piccolo. E il cittadino che chiede di procedere con un intervento su un palazzo deve fare una sola domanda e aspettare una sola riposta”.

Però, con la riforma della pubblica amministrazione e l’introduzione del silenzio assenso, i prefetti hanno più potere in materia di tutela ambientale e paesaggistica…
“Il prefetto ha una funzione di coordinamento delle strutture territoriali dello Stato. Ma non sostituisce il soprintendente in nessun caso. Tutti i contrasti saranno risolti all’interno del ministero. In ogni soprintendenza c’è un responsabile per il patrimonio archeologico, storico e artistico, architettonico, per il paesaggio… Se prima c’erano 17 soprintendenti, oggi per l’archeologia ci sono 39 responsabili “.

Insomma, non crede di avere indebolito le soprintendenze?
“Semmai ho provveduto a una razionalizzazione. Nella comunità scientifica, il tema della soprintendenza unica divide. Il dibattito è legittimo, ma poi bisogna scegliere. Operare una sintesi: è quello che cerco di fare. Contemporaneamente alle nuove soprintendenze, nascono nuovi parchi archeologici che avranno statuti e bilanci autonomi e si occuperanno di tutela e valorizzazione. Parlo tra gli altri dei parchi archeologici di Ostia, dell’Appia Antica… finora erano semplici uffici di Roma…”.

Sul futuro dell’Appia Antica c’è apprensione. Il 13 febbraio ci sarà una marcia dell’associazione Bianchi Bandinelli per i beni culturali in ricordo di Antonio Cederna…
“Bianchi Bandinelli era un riformatore, non un conservatore. L’Appia Antica ci sta a cuore. Il direttore sarà scelto con un bando internazionale: avrà autonomia fiscale, gestionale… non capisco dove sia l’indebolimento. Dal punto di vista della tutela, l’archeologia ne esce rafforzata da questo secondo atto della riforma. Semmai bisognerà essere più attenti agli scavi… “.

E quindi?
“È per questo che faremo nascere un Istituto Centrale di Archeologia del ministero che supporterà le soprintendenze come luogo della ricerca e del coordinamento delle missioni di scavo italiane sul territorio nazionale e all’estero. Per l’archeologia sarà il corrispettivo dell’Istituto Centrale del Restauro e dell’Opificio delle Pietre Dure”.

Quali sono i tempi?
“Saranno veloci, lo faremo in fretta. Le preoccupazioni degli archeologi vanno ascoltate”.

L’età media del ministero è alta. C’è un sostanziale blocco del turn over. Lei ha avviato l’assunzione di 500 funzionari. Basteranno?
“Basteranno per qualche anno. Il numerò coprirà tutti i posti ora vacanti più quelli occupati da chi andrà in pensione nel 2016. Si ringiovanirà l’età media del ministero. Poi, più avanti, si potrà procedere a un altro concorso. Il dato positivo è che si inizia a capire che sulla cultura si può investire. Il bilancio del 2016 è cresciuto del 27 per cento rispetto all’anno scorso”.

C’è una circolare del ministero, diffusa su Internet, che invita i funzionari a non parlare con gli organi di stampa…
“Non l’ho vista. Il dibattito sulla riforma ci deve essere fuori e dentro il ministero. Deve essere libero e mi pare sia così”.
Il nuovo disegno di legge sul cinema abolisce le commissioni ministeriali che attribuivano finanziamenti in base al cosiddetto “interesse culturale”.

I crediti fiscali saranno assegnati in base a “parametri oggettivi” come i risultati economici e il successo in sala. Non si rischia di favorire i progetti di cassetta?
“L’obiettivo è quello di creare un indotto per il Paese: del tax credit hanno usufruito il remake di Ben Hur, Zoolander, 007. Film che restituiscono l’immagine dell’Italia nel mondo. Il cinema è un’industria. C’è un nuovo interesse intorno a Roma e a Cinecittà. Se un film oggi produce l’effetto che fece Vacanze Romane, ben venga. Poi il 15 per cento del Fondo unico per lo spettacolo sosterrà comunque opere prime e seconde, start-up e piccole sale”.

Si è dato una risposta chiara sull’incidente delle statue inscatolate ai Musei Capitolini, durante la visita del presidente iraniano Rouhani? Una commissione doveva accertare l’accaduto: a che punto è?
“Non ho nuovi elementi. L’indagine della commissione interna a Palazzo Chigi evidentemente non è finita. Continuo a dire che ci sono mille modi per non offendere la sensibilità di un leader straniero. Non bisognava certo coprire le sculture classiche”.

Quale sarà la sede per la mostra della collezione e per il Museo Torlonia?
“È tutto aperto. L’accordo con la famiglia Torlonia è fatto, ma non ancora firmato. C’è un interesse internazionale: si tratta della più grande collezione archeologica di scultura mai vista. La mostra girerà il mondo. Dobbiamo trovare a Roma una sede di grande prestigio “.

FONTE | SOURCE:

— LA REPUBBLICA (05|02|2016).

http://www.repubblica.it/cultura/2016/02/05/news/dario_franceschini_un_istituto_per_salvare_la_nostra_archeologia_-132787039/

II. Stefano Costa, La fine dell’archeologia in Italia, BLOG di Stefano Costa(01|2016).

1. La riforma del MiBACT

Per chi non lo sapesse ancora, con DPCM 171/2014 il MiBACT ha avviato una riforma che ogni tanto viene ripresa, a cui viene aggiunto un altro capitolo, come una specie di romanzo che non ha mai fine. Dopo l’accorpamento delle soprintendenze storico-artistiche e architettonico-paesaggistiche adesso è il turno di quelle archeologiche. Non importa che tutta la struttura periferica del ministero sia paralizzata da un anno proprio per mettere in atto la prima fase di questa riforma, con il passaggio di beni e competenze ai nuovi poli museale e agli sbandierati musei autonomi. Non importa che le grandi inefficienze nella gestione attuale siano da imputare ai continui cambiamenti a cui la macchina già lenta del ministero è sottoposta.

2. L’abolizione dell’archeologia preventiva

L’archeologia però dà veramente fastidio a Matteo Renzi. Infatti, come voci bene informate dicevano da un paio di mesi, nelle ultime bozze della nuova versione del Codice degli Appalti gli artt. 95 e 96 sulla “archeologia preventiva” sono completamente scomparsi. Fonti di alto livello del MiBACT confermano questa versione dei fatti, lasciando un minuscolo spiraglio per la possibile inclusione della stessa norma nel Codice dei BBCC. Ma vedete al punto sopra per immaginare con quale efficacia potrà essere attuata l’archeologia preventiva fuori dai cardini del sistema più ampio dei lavori pubblici (lasciamo perdere le opere private, eh). Siamo in pieno spregio alla Convenzione della Valletta, che pure con una tipica operazione renziana di fumo negli occhi era stata ratificata a 23 anni di distanza dal Parlamento italiano (altre operazioni di fumo negli occhi: unioni civili, Freedom of Information Act … per creduloni di ogni ordine e grado).

3 . La fine delle piccole cose

Qualche giorno fa è stata diffusa la notizia del taglio dei fondi del MiBACT a FastiOnline, un progetto unico nel suo genere di raccolta e condivisione dei dati sugli scavi archeologici in molti paesi, che aveva avuto uno slancio particolarmente bello con l’obbligo per tutti i concessionari di scavo di contribuire ad aggiornare la banca dati. Ma dimensione internazionale, open data, trasparenza e standardizzazione sono tutte voci assenti dal nuovo corso dell’archeologia italiana e magari qualche concessionario di scavo sarà contento di non dover più rendere conto delle proprie goffe performance sul campo. Nelle nuove, bellissime soprintendenze uniche su base interprovinciale si farà una tutela di puro cabotaggio burocratico, entro confini ancora più ristretti dei precedenti (perché, lo sappiamo benissimo, l’archeologia italiana di Stato non brilla né per ecumenismo né per ampiezza di vedute).

FONTE | SOURCE:

— Stefano Costa, La fine dell’archeologia in Italia, BLOG di Stefano Costa(01|2016).

La fine dell’archeologia in Italia

III. ITALIA ARCHEOLOGICA & RESTAURO ARCHITETTURA: Pier Giovanni Guzzo: Perchè sono stati tagliati i contributi ministeriali ai Fasti online?, PATRIMONIOSOS.IT, (2016-01-05).

Riceviamo e volentieri pubblichiamo la lettera di Pier Giovanni Guzzo.

Il sito cui si fa riferimento è http://www.fastionline.org/index.php

PERCHÈ SONO STATI TAGLIATI I CONTRIBUTI MINISTERIALI AI FASTI ON-LINE?

Da una lunga mail, pochi giorni fa inviata e sottoscritta da Elisabeth Fentress [direttrice scientifica del progetto Fasti, n.d.r.], si apprende che il Ministero per i Beni Culturali non contribuirà più alle spese necessarie per la pubblicazione dei Fasti on-line. La notizia è in controtendenza alle notizie circa l’uscita dalle secche della crisi economica: così come un giorno si e l’altro anche declama la propaganda governativa. Un taglio del genere deriva, quindi, da una precisa volontà politica, non da difficoltà di bilancio. Così come si è preferito spendere per ricostruire, inutilmente, il piano dell’arena del Colosseo anziché continuare a restaurare la Domus Aurea, altrettanto si sospendono i contributi ai Fasti on-line. Non è dato sapere in quale direzione saranno adoperate le risorse così dirottate dall’utile pubblicazione virtuale delle scoperte archeologiche, ma non solo, effettuate in Italia. Scopo della quale, oltre che registrare le attività archeologiche svolte, è anche quello di costituire un prezioso archivio sul quale basare l’interpretazione della storia, antica e meno antica, del nostro Paese lì dove le fonti documentarie storiografiche ed archivistiche fanno difetto. Uno scopo del genere è comprensibile e perseguibile da quanti ritengono la conoscenza e la critica della storia, ricostruita con ogni strumento possibile, utili strumenti per incrementare la cultura ed il senso critico dei cittadini. Qualità, queste ultime, che confliggono con le sempre rinnovate ed invasive ondate propagandistiche delle proprie azioni (o, piuttosto, dei propri proclami) con le quali il governo inonda i canali della comunicazione. E con le quali vorrebbe, un po’ per volta, spingere i cittadini a non pensare più con la testa propria.
PIER GIOVANNI GUZZO

FONTE | SOURCE:

— PATRIMONIOSOS.IT (2016-01-05).

http://www.patrimoniosos.it/rsol.php?op=getarticle&id=12247

FOTO | FONTE | SOURCE:

— Deane Keller with Michelangelo’s David, Florence, Italy c. 1945-46?, in: Deane Keller, Monuments Man From New Haven, THE NEW ENGLAND HISTORICAL SOCIETY (01|2015).

http://www.newenglandhistoricalsociety.com/deane-keller-monuments-man-new-haven/

ROMA ARCHEOLOGICA & RESTAURO ARCHITETTURA: Quando l’arte mette a nudo l’ipocrisia dei potenti, L’HUFFINGTON POST (28|01|2016).

Dopo il David di Michelangelo, questa volta è toccato alla statua equestre del Marco Aurelio fare da sfondo alla conferenza stampa del Presidente del Consiglio Matteo Renzi col politico di turno in visita di stato in Italia. Due monumenti di capitale importanza storico-artistica. Due simboli assoluti del progresso culturale, sociale, economico e politico della civiltà italiana. Due opere d’arte che per il breve tempo di uno “show” hanno perso significato e funzione.

Il 23 gennaio 2015, nella Galleria dell’Accademia di Firenze, ai piedi del “Gigante” di marmo del Buonarroti si è svolto l’incontro bilaterale italo-tedesco tra Renzi e la cancelliera Angela Merkel. In quell’occasione il primo ministro italiano non si è fatto scrupoli a paragonare le riforme programmate dal suo governo all’arte del Buonarroti.

A distanza di un anno, il 26 gennaio 2016, nei Musei Capitolini, al cospetto del Marco Aurelio, Renzi ha incontrato il Presidente iraniano Hassan Rouhani. In questa occasione, però, per non urtare la sensibilità del Presidente della repubblica islamica, e in rispetto alla cultura iraniana, si è scelto di coprire (per essere precisi, di ingabbiare con pannelli bianchi) le tante statue che all’interno del percorso museale facevano bella mostra delle loro “vergogne”.
In molti diranno: se usare un monumento come fondale, o un museo come “location”, di un incontro politico bilaterale può servire a mostrare al mondo lo splendore dei nostri tesori e della nostra “civiltà”, perché non farlo? Per una questione di principio. Anzi, di “principi fondamentali”.

L’articolo 9 della Costituzione, infatti, ha attribuito una nuova funzione al patrimonio storico e artistico di proprietà degli Italiani, sancendo che venga usato al fine di promuovere lo sviluppo della conoscenza. Tutte le altre finalità, compresa quella di propaganda politica, non sono dunque contemplate. E conoscenza – a scanso di equivoci – non significa certo ostentare cimeli di un passato illustre, credendo di promuovere all’estero il nostro patrimonio culturale. Conoscenza vuol dire diventare consapevoli di ciò che quella data opera rappresenta e significa; vuol dire diventare colti; vuol dire diventare critici nei confronti dell’uso strumentale del patrimonio culturale (come in questi casi); vuol dire difendere e salvaguardare il territorio con ciò che esso contiene; vuol dire tramandare ai posteri le testimonianze del nostro passato. Il tutto in una prospettiva di uguaglianza e di integrazione.

A questo punto, una domanda sorge spontanea: perché per l’occidentale Merkel il giovane nudo e aitante David poteva andar bene come sfondo, mentre per l’orientale Rouhani, al contrario, le statue sono state addirittura nascoste per paura che il suo sguardo incrociasse le loro nudità e la conferenza è stata trasferita nell’esedra del Marco Aurelio, dove l’imperatore compare vestito di tutto punto (non senza le rimostranze della delegazione iraniana, che – a quanto pare – avrebbe voluto coperti finanche i genitali del cavallo)? Semplice: per ipocrisia.

Quando per un fine politico, per un tornaconto economico o per presunte ragioni di “civiltà” si mira a compiacere l’altro arrivando a censurare la propria storia, vale a dire ciò che si è, si limita di fatto la propria libertà e si mortifica la propria tradizione culturale. È l’ipocrisia travestita da “civiltà”. “Perché la civiltà – come dice Pirandello – vuole che si auguri il buon giorno a uno che volentieri si manderebbe al diavolo”. Certo, sarebbe stato meglio mandare al diavolo chi ha considerato “inappropriate” le statue e, ancor più, chi ha disposto che venissero coperte, per dimostrare quanto l’Italia tenga alla sua storia e al suo patrimonio, che comprende anche sculture raffiguranti nudi, o tutt’al più si sarebbe potuto fare la conferenza a Palazzo Chigi. E invece no. Ci si è vergognati delle testimonianze del proprio passato e si sono assecondate le bizze del potente di turno, dimostrando una insopportabile bigotteria laica.

Dopo aver incontrato Renzi, Rouhani ha fatto visita a papa Francesco. Il Pontefice avrà forse fatto coprire le nudità presenti nelle sculture e nei dipinti esposti lungo gli ambienti che conducono al suo studio? O forse avrà fatto coprire la nudità di Gesù Cristo nelle statue che lo mostrano appeso alla croce? No, perché questo per il Papa avrebbe significato rinnegare Cristo e la propria storia.

La verità è che c’è chi è disposto a rinunciare alla propria cultura e chi no, chi a scendere a compromessi e chi no, chi a tradire e chi no, chi ad avere fede e chi no. Ecco, conoscere vuol dire proprio questo: avere fede. E, se è il caso, mandare al diavolo qualcuno.

FONTE | SOURCE:

— L’HUFFINGTON POST (28|01|2016).

http://www.huffingtonpost.it/teodoro-de-giorgio/quando-larte-mette-a-nudo-lipocrisia-dei-potenti_b_9092402.html?utm_hp_ref=cronaca&#8221

FOTO | FONTE | SOURCE:

— ROMA ARCHEOLOGICA & RESTAURO ARCHITETTURA: La Venere capitolina è una scultura marmorea (h. 193 cm), copia romana di un originale greco del II secolo a.C. conservata nei Musei Capitolini di Roma, (21|04|2007).

ROMA ARCHEOLOGICA & RESTAURO ARCHITETTURA: Quando l'arte mette a nudo l'ipocrisia dei potenti, L'HUFFINGTON POST (28|01|2016).